ore 19:00@Cafè di Spazio Teatro 89
Aperitivo – Discorsi indipendenti
FILOSOFIA / Indipendenza vs Libertà / Prof. Alberto Giovanni Biuso
Il Prof. Biuso affronterà il tema della differenza tra libertà come libero arbitrio e indipendenza come ricerca di autonomia da parte della persona nei confronti dei condizionamenti dell’ambiente nel quale è nata e vive.
A.G. Biuso è ricercatore di Filosofia teoretica, professore di Filosofia della mente e Sociologia della cultura nel Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania. E’ collaboratore, redattore e membro del Comitato scientifico di numerosissime riviste e direttore scientifico della rivista Vita pensata. Ha pubblicato molti volumi e saggi a partire da L’antropologia di Nietzsche (Morano, 1995) fino a Temporalità e Differenza (Olschki, 2013) nonché due raccolte poetiche: Inni alla luce (Petite Plaisance, 2006), Un barlume di fasto (ScritturImmagine, 2013). E’ autore del blog www.biuso.eu.
La sua ricerca verte sulla questione fondamentale della temporalità, il cui chiarimento permette di superare i dualismi – in primo luogo quelli tra natura e cultura, corpo e mente, innato e appreso – a favore di una comprensione unitaria e insieme molteplice dell’umano, visto come un complesso dispositivo semantico mediante il quale la materia comprende se stessa.
ore 21:15@Teatro
LeCall Theatre – LA BOMBA. DELLA NECESSITA’ DEL FARE
(ballata multimediale sul lavoro)
regia e drammaturgia di Chiara Tarabotti
con Valentina Rho
musiche di Fabrizio De Andrè
adattamenti musicali ed elaborazioni elettroacustiche di Maurizio Corbella
scene di Flavio Unia
costumi a cura di Chiara Luna Mauri
video a cura di Chiara Tarabotti
voce di Sacha Oliviero
in collaborazione con MITiCi-Fondazione Milano
«Ho visto rivoluzioni nascere, corrompersi e morire, ho visto le condizioni minime
di una vita dignitosa sparire, tagliate da quello che noi chiamiamo lavoro. Vedo la
mia vita che scorre via, senza farci nulla. E resto qua, aggrappata alla soglia.»
(tratto da La bomba. Della necessità del fare.)
Attraverso la metafora della soglia assistiamo al lento restringimento del suo spazio vitale ed alla crescita del disagio che la spingerà a passare dallo stare a guardare all’azione. Il testo di Chiara Tarabotti racconta di un percorso, un’assunzione di consapevolezza, un farsi-bomba, quella bomba che fa esplodere il meccanismo perfetto del sistema che ci governa. La scoperta della propria possibilità di essere bomba assomiglia a quella di un tesoro sepolto, che spesso non si conosce o non si sa vedere. Questa scoperta porta con sé una chiamata all’agire (etico) in questo mondo, in primis in campo lavorativo. La necessità del fare è un’affermazione che ci restituisce tutta la duplicità e l’ambiguità del concetto di necessità: da una parte la condanna e la dannazione al fare (fare come bisogno assoluto e, appunto, necessario), dall’altra la sua dimensione etica (fare, dunque agire consapevolmente, come desiderio di dare un senso al proprio agire, al proprio vivere, e proprio per questo necessario). Valentina Rho dà corpo ad una giovane donna colta nel momento della decisione fatale: inizialmente indecisa, incerta, attraverso la narrazione della propria vicenda prende per mano lo spettatore e lo porta con sé in un viaggio nelle profondità del proprio animo, esponendo le proprie meschinità ma anche la propria forza. La bomba nasce dalla necessità di parlare di lavoro, oggi, con mezzi espressivi che si rivolgano alla contemporaneità attraverso la fusione dei linguaggi (parola, gesto, musica, video), caratteristica precipua di questo tempo. La narrazione si sviluppa, infatti, su piani diversi: la parola, che ci narra la vicenda di Sabrina; la musica, che segue il percorso dell’album “Storia di un impiegato” di De Andrè a cui si sommano lacerti di altri brani del compositore genovese; il corpo, che amplifica il portato emotivo delle parole e della musica e, infine, il video, che dà corpo alle visioni ed ai ricordi della protagonista. In questa ottica, la scelta apparentemente contraddittoria di portare sulle scene l’album di Fabrizio De Andrè, pubblicato nell’anno 1973 e spesso tacciato di eccessivo legame al contesto storico del ’68, sorge dalla convinzione che quest’opera abbia ancora molto da dire, ai giorni nostri, in termini di alienazione, rappresentazione della società, necessità di espressione di rivolta, contrapposizione tra individualismo e partecipazione. La musica del compositore genovese è filtrata dalla sensibilità di Maurizio Corbella, che, attraverso i suoi adattamenti e l’utilizzo dell’elettronica, dà nuova voce alle canzoni e ci porta a scoprire un percorso sonoro in cui incontriamo brani celeberrimi quali Il bombarolo e Nella mia ora di libertà. La scena, minimale e cruda, progettata da Flavio Unia, rappresenta lo spazio mentale della protagonista: uno spazio ben delimitato, protetto, fatto di voci, suoni e di un solo elemento fisico, una putrella di ferro miracolosamente in equilibrio su una curva perfetta. Questo elemento ‘industriale’, duro, violento, diviene luogo d’elezione del racconto della vicenda e simbolo del concetto stesso di lavoro, reso visibile e tangibile.
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